Questo film fu un vero spartiacque nella storia del cinema. Era un tale capolavoro, riconosciuto fin dall’inizio, che Pietro Germi lo inserì nel suo film “Divorzio all’italiana”.
L’ottica di Fellini è stravagante e senza precedenti. Ci offre una visione panoramica e coraggiosa di un mondo rivoluzionario, un affresco cinematografico in continuo movimento.
Mastroianni interpreta il ruolo di Marcello, un giornalista-scrittore in piena crisi, immerso nel mondo luccicante e seducente del jet-set romano. Marcello pensa di appartenere a questa società senza tuttavia farne parte.
Fellini trasforma il viaggio di Marcello nel mondo vuoto e luccicante nella Roma cosmopolita di quegli anni in un viaggio nella notte, durante il sonno della ragione, attraverso una civiltà corrotta e putrescente nella quale tutto crolla di schianto.
La rappresentazione è sfarzosa, seducente ma anche terrificante. Qui tutto è eccessivo.
Steiner è un famoso intellettuale: è lui l’oasi in cui si rifugia Marcello, il pilastro attorno a cui si erge il nulla reale.
Se Marcello è confuso, Steiner è disilluso dalla vita.
Per evitare l’orrore che li circonda, i personaggi di Fellini vengono catturati in una spirale di piacere ed eccitazione e si allontanano dai propri sentimenti. Niente dura. C’è sempre un altro momento, un altro luogo.
Marcello pensa di non farsi coinvolgere da quel mondo, ma Steiner lo tiene ancorato alla realtà. Alla fine tira le somme e scopre quant’era profonda la disperazione di Steiner nel modo più tremendo. L’atto estremo di Steiner è la fine delle speranze di Marcello. Tra la decadenza e la disperazione c’è il nulla.
A questo punto Marcello diventa uno di loro, un altro membro di quell’élite.
Il film culmina in un party che si trasforma in un’orgia. Questa scena descrive il completo caos spirituale ed emotivo. Ognuno ha perso il decoro e non c’è nulla che valga, né il passato né il futuro, solo il presente.
Il mattino dopo si ritrovano in spiaggia ad osservare qualcosa che arriva dal mare. Marcello si ferma ad osservare. Una ragazza lo saluta. C’è in lei una purezza che non vedeva da tempo, ma ormai è perduto...
L’aspetto più interessante della Dolce Vita è che, nonostante sia un film sulla disperazione, non trasmette affatto questo sentimento. C’è troppa gioia nell’amore di Fellini per il cinema per non riflettersi anche nella vita e questo amore sboccerà nel suo lavoro successivo: “8 e ½”, il vero capolavoro di Fellini.
(analisi tratta da "Il mio viaggio in Italia" di Martin Scorsese)
L’ottica di Fellini è stravagante e senza precedenti. Ci offre una visione panoramica e coraggiosa di un mondo rivoluzionario, un affresco cinematografico in continuo movimento.
Mastroianni interpreta il ruolo di Marcello, un giornalista-scrittore in piena crisi, immerso nel mondo luccicante e seducente del jet-set romano. Marcello pensa di appartenere a questa società senza tuttavia farne parte.
Fellini trasforma il viaggio di Marcello nel mondo vuoto e luccicante nella Roma cosmopolita di quegli anni in un viaggio nella notte, durante il sonno della ragione, attraverso una civiltà corrotta e putrescente nella quale tutto crolla di schianto.
La rappresentazione è sfarzosa, seducente ma anche terrificante. Qui tutto è eccessivo.
Steiner è un famoso intellettuale: è lui l’oasi in cui si rifugia Marcello, il pilastro attorno a cui si erge il nulla reale.
Se Marcello è confuso, Steiner è disilluso dalla vita.
Per evitare l’orrore che li circonda, i personaggi di Fellini vengono catturati in una spirale di piacere ed eccitazione e si allontanano dai propri sentimenti. Niente dura. C’è sempre un altro momento, un altro luogo.
Marcello pensa di non farsi coinvolgere da quel mondo, ma Steiner lo tiene ancorato alla realtà. Alla fine tira le somme e scopre quant’era profonda la disperazione di Steiner nel modo più tremendo. L’atto estremo di Steiner è la fine delle speranze di Marcello. Tra la decadenza e la disperazione c’è il nulla.
A questo punto Marcello diventa uno di loro, un altro membro di quell’élite.
Il film culmina in un party che si trasforma in un’orgia. Questa scena descrive il completo caos spirituale ed emotivo. Ognuno ha perso il decoro e non c’è nulla che valga, né il passato né il futuro, solo il presente.
Il mattino dopo si ritrovano in spiaggia ad osservare qualcosa che arriva dal mare. Marcello si ferma ad osservare. Una ragazza lo saluta. C’è in lei una purezza che non vedeva da tempo, ma ormai è perduto...
L’aspetto più interessante della Dolce Vita è che, nonostante sia un film sulla disperazione, non trasmette affatto questo sentimento. C’è troppa gioia nell’amore di Fellini per il cinema per non riflettersi anche nella vita e questo amore sboccerà nel suo lavoro successivo: “8 e ½”, il vero capolavoro di Fellini.
(analisi tratta da "Il mio viaggio in Italia" di Martin Scorsese)
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